Contenzioso: l’elusione va puntualmente esplicata al contribuente

La sussistenza di un indebito vantaggio fiscale va sempre opportunamente motivata, così da render completamente edotto il contribuente dei profili […]

La sussistenza di un indebito vantaggio fiscale va sempre opportunamente motivata, così da render completamente edotto il contribuente dei profili fattuali che giustificano la contestazione. 

Nel dibattito sull’abuso del diritto e sulle procedure che conducono alla dedotta sussistenza di elusione fiscale, si registra l’atteggiamento notevolmente restrittivo adottato dall’Amministrazione Finanziaria nel contesto delle dinamiche accertative: il requisito di “vantaggio fiscale” indebito appare connotato da forti elementi di discrezionalità. Sul tema prospettato è di recente intervenuta la Cassazione (Cass. Civ. Sez. V, ord. 4.10.2022, n. 28832) la quale ha opportunamente recato specifiche argomentazioni sui profili che devono supportare la motivazione, nell’ipotesi in cui si proceda a operare contestazioni fondate sul citato abuso.

Nell’accertamento di fattispecie ancorabili a elusione fiscale e abuso del diritto, le contestazioni operate soddisfano l’obbligo di motivazione qualora il contribuente sia posto nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, sia con attinenza al c.d “an” che al “quantum debeatur”. Tale specificazione risulterebbe soddisfatta allorché è esposta la chiara e puntuale indicazione delle operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti e che, inoltre, non risultino giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, come ad esempio le operazioni, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono alla finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.
L’intervento della Cassazione offre uno spunto di riflessione su quelli che sono i presupposti dell’indebito vantaggio fiscale, oltre che sui profili normativi che supportano la tematica in oggetto. Il richiamo principale va operato con riferimento al dispositivo dell’art. 10-bis dello Statuto del contribuente. Si tratta di una norma introdotta dal D.Lgs. 128/2015, con il chiaro intento di arginare quel perenne stato di incertezza che aleggiava intorno alla corretta definizione degli elementi costitutivi dell’abuso del diritto: tutto questo, almeno nelle intenzioni, in base a quanto espresso nella stessa relazione illustrativa del citato D.Lgs. Si era infatti giunti a una presa d’atto in merito al fatto che la nozione di abuso, così come identificata e interpretata diffusamente dal Fisco, supportata dal mero riscontro di “valide ragioni economiche” (altro concetto dagli incerti confini), poteva condurre a ricostruzioni discutibili, che contrastavano in maniera palese con il rispetto dei principi di libera determinazione del contribuente in merito alle scelte imprenditoriali, qualora tali opzioni potessero comportare anche la fruizione di vantaggi fiscali.
Era pertanto essenziale trovare una giusta linea di confine tra pianificazione fiscale aggressiva e libertà di scelta delle forme giuridiche, nel pieno rispetto dei principi di libertà d’impresa e di iniziativa economica ex art. 42 Cost. e muoversi osservando il criterio della c.d. “proporzionalità”, non potendo il sindacato dell’Amministrazione Finanziaria spingersi sino a imporre una misura eminentemente restrittiva tra quelle giuridicamente possibili, solo perché tale misura avrebbe comportato un maggior carico fiscale.

Nell’attuale prospettiva i fattori di parametrazione dell’abusività di un’operazione si incentrano sulla desunta realizzazione di un indebito vantaggio fiscale, sull’assenza di sostanza economica dell’operazione effettuata, oltre che sulla circostanza che la realizzazione dell’indebito vantaggio fiscale costituisca l’elemento essenziale dell’operazione.

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