Diritto Penale

Lo studio Legale Coppola & Partners si occupa del Diritto Penale, con Gratuito Patrocinio. L’Avvocato Thomas Coppola ha svolto il percorso di formazione dell’Avvocato Penalista tenuto dalla Camera Penale, con abilitazione anche di difensore d’Ufficio iscritto alle liste.

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L’Avvocato Coppola si occupa altresì del Diritto Penale Commerciale – Penale Tributario – Penale SOCIETARIO – Penale Fallimentare (oltre al Diritto Penale Criminale) tutte materie che si intersecano con il Diritto d’Impresa di cui già si occupa da diversi anni con successo e competenza.

Di seguito un breve cenno storico sulla “CAMORRA”:

Con il termine camorra si indica l’insieme delle attività criminali organizzate, con una marcata presenza sul territorio, che si sviluppano ed hanno le proprie radici in Campania, e che possono avere interessi anche al di fuori delle proprie zone d’origine.

Sebbene il termine sia usato per indicare la società criminale nata a Napoli nel XIX secolo e conosciuta anche come Bella Società Riformata, oggi spesso si tende ad identificare con questo termine un’unica organizzazione criminale simile alla cupola mafiosa siciliana o ad altre organizzazioni di uguale stampo. In realtà la struttura della camorra è molto più complessa e frastagliata al suo interno in quanto composta da molti clan diversi tra loro per tipo di influenza sul territorio, struttura organizzativa, forza economica e modus operandi.

Inoltre le alleanze fra queste organizzazioni, qualora si possano considerare tali semplici accordi di non belligeranza fra i numerosi clan operanti sul territorio, sono spesso molto fragili e possono sfociare in contrasti o vere e proprie faide o guerre di camorra, con agguati ed omicidi.

Con il termine “camorra” a volte si indica anche un tipo di mentalità, che fa della prepotenza, della sopraffazione e dell’omertà diffusa i suoi principali punti di forza. Il confine tra l’appartenenza ad un clan camorristico e il vivere in una mentalità camorristica diffusa, il più delle volte è labile ed etereo e, in alcuni particolari ambienti sociali, una divisione netta tra le due cose potrebbe risultare non facilmente rilevabile.

In molti casi gli atteggiamenti di continuità con comportamenti camorristici riguardano anche professionisti, imprenditori e politici, fino a generare, in diversi casi, contiguità e collaborazione continuata tra intere amministrazioni locali, imprenditorialità e la criminalità organizzata. Questo tipo di commistione viene definito recentemente sistema, termine gergale degli ambienti criminali campani.

Varie sono le ipotesi sull’etimologia del termine camorra:

Il termine deriva da gamurra ed è citato in un documento medievale, indicava un’organizzazione di mercenari sardi al soldo di Pisa che controllava nel XIII secolo la Sardegna. La parola deriva da una giacca corta di tela rossa detta “gamurra”. Tale indumento rimase in uso tra i mercanti del Campidano sino al XIX secolo. La parola sarebbe connessa a “morra” che significa “raggruppamento di malfattori” inteso come “frotta” ma può significare anche “rissa”. La parola significa tassa sul gioco che bisognava pagare a chi proteggeva i locali per il gioco d’azzardo, dal rischio di liti e di risse. Con questo significato compare in un documento ufficiale del Regno di Napoli nel 1735. La parola camorra deriverebbe, secondo qualche autore campano, da “ca murra” e cioè “capo della murra”, nella Napoli settecentesca il “guappo” di quartiere doveva risolvere le dispute tra i giocatori della murra (tipico gioco di strada). Camorra potrebbe rinviare alla parola morra, che in napoletano significa “gregge, gruppo, banda”, per cui una persona inserita in un gruppo solidale “sta c’a morra” (con la banda), mentre una persona non difesa da un gruppo è “fore morra” (fuori banda). Storia Le origini e la storia Una delle ipotesi storiche vede la Camorra nascere e svilupparsi in periodo medievale nei quartieri bassi della città portuale di Cagliari e intorno al XIII secolo, quando era necessario per Pisa che allora regolava la politica del luogo, controllare gli isolani ed evitare che questi potessero unirsi e creare sommosse. Furono usate bande di vigilantes locali, mercenari isolani armati e decisi, il cui compito era quello di pattugliare i diversi borghi e mantenere così l’ordine pubblico.

Tale gestione di potere passerà dalle mani dei governanti pisani a quelle dei governanti di Aragona: protettorato, gabelle, gioco d’azzardo e tangenti forniranno loro le entrate necessarie per mantenere in piedi tale organizzazione malavitosa.

Attraverso i sardo-ispanici, questi gruppi lasciano Cagliari e raggiungono la Campania e ivi si stabiliscono nel XVI secolo, durante la dominazione spagnola. A differenza delle altre organizzazioni criminali, diffuse soprattutto in campagna, la Camorra attecchisce velocemente in città, nei quartieri più popolosi. Queste bande infatti commettevano illeciti ai danni delle povere persone del popolo, come raccontato in un documento dell’epoca:

« […] cacciavano l’oro dai pidocchi […] » (dal libro “Potere camorrista” di Gigi Di Fiore)

Forte dell’assenza di uno Stato centrale forte, la Camorra finirà col prendere potere anche a livello politico, influenzando la politica del Regno delle Due Sicilie.

La Bella Società Riformata

Uomini e donne della Camorra sfregiati (disegni del 1906).Nel 1820 la “Bella Società Riformata” (cioè confederata) si costituì ufficialmente, riunendosi nella chiesa di Santa Caterina a Formiello a Porta Capuana.

Per accedere all’organizzazione era previsto un vero e proprio rito di iniziazione definito “zumpata” o dichiaramento che consisteva in una sorta di duello rusticano. Questo si spiega soprattutto con il fatto che i camorristi ebbero sempre l’ambizione di imitare i nobili. Impiegando il coltello piuttosto che la spada cercavano di dimostrare il loro “valore” in questa sorta di scontri.

Le fasi preliminari della zumpata erano l’appìcceco, il litigio, il ragionamento, tentativo di composizione della controversia, banchetto e poi duello. Se il combattimento all’arma bianca si poteva tenere in una qualsiasi zona affollata l’utilizzo di una pistola richiedeva, invece un luogo solitario. Raffaele Cutolo più tardi, nella sua opera di “ristrutturazione” della Camorra organizzata, introdurrà rituali molto simili a quelli che Tommaso Buscetta dichiarerà per l’iniziazione del mafioso all’interno della mafia siciliana.

In origine il sodalizio si occupa principalmente della riscossione del pizzo da alcuni dei numerosi biscazzieri, che affollano le strade dei quartieri popolari di Napoli. Ben presto, però, conseguentemente all’unità d’Italia, il fenomeno dilaga e le estorsioni iniziano a danneggiare la quasi totalità dei commercianti. Nonostante le violenze ed i crimini perpetrati, i camorristi godono della benevolenza del popolo al quale, in una situazione come quella post-unitaria di totale disinteresse delle istituzioni per i problemi sociali, garantiscono un minimo di “giustizia”.

Tra le principali fonti di risorse economiche della Camorra si ricordano:

Il “Barattolo” che era la percentuale di circa il 20% sugli introiti dei biscazzieri; lo “Sbruffo” era, invece, la tangente su tutte le altre attività (dai facchini ai venditori ecc.); un particolare regime di tassazione per la prostituzione; il gioco piccolo (una sorta di Lotto) L’Unità d’Italia Quando nel 1861, Garibaldi sbarcava in Sicilia, la Camorra ne approfittò per togliere l’appoggio ai Borboni, la dinastia regnante, ed appoggiare quella sabauda, di lì a poco padrona della penisola. La “ricompensa” di questo cambio di rotta nella politica camorristica è saldata dal ministro dell’interno Liborio Romano, che lascerà il controllo di Napoli alla Camorra durante la fase di transizione del regno, al fine di evitare possibili rivoluzioni incoraggiate dai Borboni in esilio.

Ma il nuovo ministro degli interni del nuovo Regno d’Italia, Silvio Spaventa, rompe con la Camorra e cerca di ripristinare la legalità ed estirpare il fenomeno. Ma la contemporanea estensione dello Statuto Albertino a tutta la penisola, che prevedeva il controverso obbligo di leva per i giovani, fece sì che molti ragazzi, per sottrarsi alla chiamata, si dessero al brigantaggio, che divenne il sistema di reclutamento più veloce per la Camorra.

Solo nei primi del XX secolo, lo Stato riuscirà a reagire allo strapotere della cosiddetta Bella Società Riformata, la quale tra i politici dell’Italia unita vantava solide amicizie. Nel 1911, nel processo tenutosi a Viterbo per l’omicidio dei coniugi Cuocolo, grazie alle confessioni del camorrista pentito Abbatemaggio, vengono inflitte severe pene ai maggiori esponenti dell’organizzazione.

La sera del 25 maggio 1915, nelle Caverne delle Fontanelle, nel popolare rione Sanità, i camorristi, presieduti da Gaetano Del Giudice, decretano lo scioglimento della Bella Società Riformata; in realtà la setta era già stata debellata nel processo Cuocolo.

La dittatura fascista e il dopoguerra Mussolini, dittatore fascista a partire dal 1922, sottovalutò il fenomeno camorristica (mentre aveva apertamente dichiarato guerra alla mafia siciliana), tanto che concesse la grazia a molti dei camorristi condannati a Viterbo, sicuro che nel nuovo assetto dittatoriale questi non avrebbero costituito più un pericolo. In realtà, la Camorra restò in sordina, in attesa di tempi per lei migliori, ma non scomparve.

È nel secondo dopoguerra che la Camorra inizia ad assumere le caratteristiche riscontrabili attualmente. Il soggiorno obbligato a Napoli, imposto dal governo degli U.S.A. al boss di Cosa nostra americana Lucky Luciano contribuì al superamento della dimensione locale del fenomeno ed all’inserimento dei camorristi campani nei grandi traffici illeciti internazionali, quali il contrabbando di sigarette in collegamento con il clan dei marsigliesi.

Tuttavia, in questa fase, la Camorra non ha la struttura verticistica che la caratterizzava nei secoli precedenti, né tanto meno ha un potere decisionale sugli affari che svolge con la mafia, per i quali molto spesso è solo un vettore e si presenta come una pluralità di famiglie più o meno legate tra loro.

È ancora l’epoca della “Camorra dei campi” e dei mercati. Infatti, una delle figure di spicco del periodo è Pascalone ‘e Nola (Pasquale Simonetti, detto “Pasqualone” per il suo grosso fisico e “da Nola” per le sue origini), un camorrista che controllava il racket dei mercati generali di Napoli, la cui uccisione sarà poi vendicata da sua moglie Pupetta Maresca (Assunta Maresca detta “Pupetta”), il cui processo penale avrà un’eco di livello nazionale.

La camorra rurale degli anni 50

Nonostante le caratteristiche “domestiche” dei clan familiari legati alla figura dei guappi, già nelle elezioni del 1953 e del 1956 piccoli gruppi, capaci di proporsi come capi elettori del sindaco Achille Lauro, si segnalavano per la raccolta del consenso elettorale nei quartieri popolari.

Contrabbando di sigarette, prostituzione e traffici di merci di prima necessità (compresi elettrodomestici e vestiario) erano in quegli anni un fenomeno popolare, una sorta di ammortizzatore sociale, controllato da poche famiglie, grazie ai contatti con i mafiosi italo-americani ritornati in Italia dopo la guerra. Le famiglie dei guappi nonostante il lucroso controllo della borsa nera, esercitata in alcune zone della città come la Duchesca, piazza Mercato, Forcella, non erano però in grado di competere con le speculazioni edili e le opere della ricostruzione post-bellica degli “industriali del mattone”.

Nelle zone di provincia, i capizona della camorra rurale esercitava il controllo del caporalato, il quale più che una vera fonte di guadagno era la persistenza di una antica forma di sfruttamento del lavoro.

Il giro d’affari più importante veniva realizzato sui mercati ortofrutticoli, nel rapporto tra produttori e grossisti, tra chi controllava i magazzini del mercato e chi acquistava e rivendeva la frutta e ed i prodotti della terra delle campagne di Giugliano, di Nola, dell’agro nocerino-sarnese e del casertano; nella filiera della macellazione delle carni, ed i mercati ittici.

Nel giro di pochi anni il controllo sui mercati ortofrutticoli, sulla macellazione delle carni e sui mercati ittici, contribuì allo strutturarsi delle prime divisioni tra la camorra rurale che caratterizzeranno tutta la seconda metà del ‘900:

– una camorra della zona nord ed orientale di Napoli che si occupava di ortofrutta: i Maisto di Giugliano, gli Orlando-Nuvoletta di Marano ed i Simonetti di Nola;

– una “camorra” urbana, caratterizzata dai guappi che si occupavano di contrabbando, di controllo delle distribuzione della carne e delle rappresentanze commerciali: gli Spavone, di Antonio Spavone, detto “o’malommo” ed i Giuliano a Forcella;

– la camorra del litorale sud che si occupava dei mercati del pesce: i Maresca di Castellammare di Stabia .

Iniziarono a formarsi così due grossi gruppi: uno nel giuglianese con ramificazioni fino al Garigliano, l’altro a sud di Napoli sul litorale vesuviano.

La camorra rurale del secondo dopoguerra, nata nelle campagne, in un contesto dove il vincolo familiare e di “sangue” era tradizionalmente ancora molto sentito, definirà in seguito i connotati tipici del sistema mafioso che ancora oggi caratterizza la camorra del casertano e di alcuni territori della provincia di Napoli.

La nascita della multinazionale del traffico di droga

Un primo spartiacque generazionale tra la camorra dei guappi, pronti ad uccidere ma con pochi uomini alle dipendenze, le cosiddette carte da tressette (gli uomini del contrabbando) e i correntisti (persone principalmente dedite a furti ed imbrogli principalmente ai danni dei militari americani), e la camorra delle “sigle”, che prenderà forma a partire dagli anni ’70, avvenne nel 1962, con la morte di Lucky Luciano dopo aver sorseggiato un caffè all’aeroporto di Capodichino.

Morto per infarto, diceva il referto, ma anche sulla sua morte si fecero molte congetture, contribuendo ad addensare ancora di più la foschia intorno a questo misterioso personaggio.

Lucky Luciano, dopo il suo rientro in Italia, aveva ripreso il suo business negli stupefacenti, importando oppio, trasformando la morfina in eroina ed esportandola a New York, grazie al controllo dei docks esercitato da Cosa Nostra e da Meyer Lansky. Con il ritrovato Vito Genovese, che intanto aveva costruito una fitta rete con le case farmaceutiche per alimentare il mercato nero degli antibiotici (merce che nell’immediato dopoguerra era tanto rara quanto necessaria), Luciano intrecciò i rapporti con gli altri mafiosi rimpatriati a Napoli ed in Italia dagli USA, come Frank Coppola (detto “tre dita”) che si era stabilito a Partitico, nelle vicinanze di Palermo, Vincent Collura, John Di Bella, Dominick Petrillo ed altri.

Il duo Luciano-Genovese entrò in affari, già negli anni ’50, con alcune case farmaceutiche del nord per l’importazione illegale di sostanze stupefacenti, tramite Pietro Davì (detto “Jimmy l’americano”), importatore già dagli anni ’30 di morfina dalla Germania, diventando l’anello di collegamento tra Napoli ed i grossi traffici di droga e sigarette con la mafia americana.

Lucky Luciano sfruttò abilmente i canali del circuito migratorio degli italiani all’estero, il cui legame fiduciario basato sulla relazione familistica o “etnica”, riduceva i rischi in un traffico che non coinvolgeva solo persone con la “mentalità mafiosa”.

Per selezionare il management adatto a costruire una vera e propria multinazionale dedita al business del traffico di stupefacenti, Luciano doveva tentare di fondere Cosa Nostra con una mafia ancora legata alle tradizioni. Un tentativo organizzativo venne attuato il 16 settembre del 1957, all’Hotel delle Palme di Palermo, dove si tenne un summit tra le famiglie americane e quelle siciliane, presenti Joseph Bonanno, Camillo Carmine Galante, Giovanni Bonventre, Joe Di Bella, Vito Vitale, Charles Orlando, John Priziola e Santo Sorge, in rappresentanza delle famiglie americane.

Gli americani proposero ai siciliani di creare una “commissione” in Sicilia, sul modello di quella esistente a New York. La commissione che venne fuori, al cui interno erano presenti i Greco, i La Barbera, i Leggio, ed i Torretta, aveva però mandato solo su Palermo, in quanto vennero escluse le famiglie del resto della sicilia, come i trapanasi.

La Nuova Camorra Organizzata Negli anni settanta, dal carcere di Poggioreale, nel quale è rinchiuso per omicidio, Raffaele Cutolo (detto ‘o Professore perché uno dei pochi in carcere a saper leggere e scrivere) inizia a realizzare il suo progetto: ristrutturare la Camorra come organizzazione gerarchica in senso mafioso, sfruttando il nuovo business della droga; nasce così la Nuova Camorra Organizzata (N.C.O.).

Lo strapotere raggiunto dalla NCO inizia a preoccupare le vecchie famiglie che si riuniscono sotto il nome di Nuova Famiglia (NF), per portare guerra alla Camorra cutoliana. La guerra tra le due organizzazioni criminali è spietata e si conclude nei primi anni ottanta con la sconfitta della NCO. Le vittime sono molte centinaia, tra esse anche molti innocenti. Ben presto anche la NF smette di esistere, per il venir meno della ragione che aveva spinto le famiglie all’alleanza. In questa fase ci fu anche una connessione generata dal “Caso Cirillo” tra Camorra e Brigate Rosse.

Nel 1992 ci prova il boss Carmine Alfieri a dare alla malavita organizzata campana una struttura verticistica creando la Nuova Mafia Campana (NMC), anch’essa scomparsa dopo poco tempo. Attualmente la Camorra si presenta come un’organizzazione di tipo orizzontale (con varie bande territoriali più o meno in lotta tra loro) non verticistica.

Operazione “Partenope” L’operazione “Partenope” nella quale vennero impiegati 500 soldati dell’esercito italiano iniziò il 18 febbraio 1994 e fu interrotta il 15 dicembre 1995. Ripresa il 14 luglio 1997 cessò definitivamente il 30 giugno 1998. L’operazione ebbe risvolti positivi ma, essendo di minor portata rispetto ad altre missioni simili (“Operazione Vespri siciliani”, “Operazione Riace”, “Operazione Salento”), non riuscì a debellare il fenomeno camorristico, avendo comunque dei risultati nel ridurre la microcriminalità nella città partenopea.

Situazione attuale Omicidi a Napoli e provincia ANNO MORTI 1980 134 1981 193 1982 264 1983 204 1984 155 1985 155 1986 107 1987 127 1988 168 1989 228 1990 222 1991 223 1992 160 1993 120 1994 115 1995 148 1996 147 1997 130 1998 132 1999 91 2000 118 2001 80 2002 63 2003 83 2004 139 2005 90 2006 97 2007 109[1] 2008 65[2] 2009 59[3] La Camorra è attualmente considerata una delle maggiori piaghe del meridione d’Italia, al tempo stesso causa ed effetto di gran parte dei problemi socio-economici della Campania. Il suo potere, dovuto anche ad appoggi di tipo politico, le consente il controllo delle più rilevanti attività economiche locali, in particolare modo nella provincia di Napoli. Oggi la Camorra conta migliaia di affiliati divisi in oltre 200 famiglie attive in tutta la Campania. Sono segnalati insediamenti della Camorra anche all’estero, come in Olanda, Spagna, Portogallo, Romania, Francia, Repubblica Dominicana e Brasile.

I gruppi si dimostrano molto attivi sia nelle attività economiche (infiltrazione negli appalti pubblici, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio di denaro sporco, usura e traffico di droga) sia sul fronte delle alleanze e dei conflitti. Quando infatti un clan vede messo in discussione il proprio potere su una determinata zona da parte di un altro clan, diventano molto frequenti omicidi e agguati di stampo intimidatorio. Grande risalto ha avuto negli anni 2004 e 2005 la cosiddetta faida di Scampia, una guerra scoppiata all’interno del clan Di Lauro quando alcuni affiliati decisero di mettersi in proprio nella gestione degli stupefacenti, rivendicando così una propria autonomia e negando di fatto gli introiti al clan Di Lauro, del boss Paolo Di Lauro, detto Ciruzzo ‘o milionario. Ma questa faida non è l’unica contesa tra clan sul territorio napoletano.

Numerose sono le frizioni e gli scontri tra le decine di gruppi che si contendono le aree di maggiore interesse. A cavallo tra il 2005 e il 2006 ha destato scalpore nella cittadinanza e tra le forze dell’ordine la cosiddetta “faida della Sanità”, una guerra di Camorra scoppiata tra lo storico clan Misso del rione Sanità ed alcuni scissionisti capeggiati dal boss Salvatore Torino, vicino ai clan di Secondigliano; una quindicina di morti e diversi feriti nel giro di due mesi.

Per quanto rigurda l’area a nord della città (quella da sempre maggiormente oppressa dai gruppi criminali), tra i quartieri di Secondigliano, Scampia, Piscinola, Miano e Chiaiano, resta sempre forte l’influenza del cartello camorristico detto Alleanza di Secondigliano, composto dalle famiglie Licciardi, Contini, Prestieri, Bocchetti, Bosti, Mallardo, Lo Russo Stabile e con gli stessi Di Lauro quali garanti esterni (molto spesso, infatti, gli uomini di “Ciruzzo ‘o milionario”, si sono interposti tra le liti sorte fra le varie famiglie del cartello, evitando possibili guerre).

Per le zone centrali della città (centro storico, Forcella) resta ben salda l’alleanza tra i clan Misso, Sarno e Mazzarella, che controllano praticamente tutta l’area ad est di Napoli, dal centro fino al quartiere periferico di Ponticelli, facilitati anche dalla debacle del clan Giuliano di Forcella, i cui maggiori esponenti (i fratelli Luigi, Salvatore e Raffaele Giuliano) sono diventati collaboratori di giustizia. Nell’altra zona “calda” del centro di Napoli, le zone del quartiere Montecalvario, dette anche “Quartieri Spagnoli”, dopo le faide di inizio anni novanta tra i clan Mariano (detti i “picuozzi”) e Di Biasi (detti i “faiano”), e tra lo stesso clan Mariano e un gruppo interno di scissionisti capeggiato dai boss Salvatore Cardillo (detto “Beckenbauer”) e Antonio Ranieri (detto “Polifemo”, poi ammazzato), la situazione sembra essere tornata in un clima di relativa normalità, grazie anche al fatto che molti boss storici di quei vicoli sono stati arrestati o ammazzati.

La zona occidentale della città non è da meno per quanto riguarda numero di clan e influenza sul territorio. Tra le aree più “calde” si trovano il Rione Traiano, Pianura, Bagnoli e lo stesso quartiere Vomero, per anni definito quartiere-bene della città e considerato immune alle azioni dei clan, oggi preda di almeno quattro clan in guerra tra loro e di orde di bande composte da ragazzini provenienti da altre zone della città, che si ritrovano di sera e di notte per compiere rapine e violenze di ogni genere (fenomeno delle baby-gang). Da citare, il cartello denominato Nuova Camorra Flegrea, che imperversa a Fuorigrotta, Bagnoli, Agnano e Soccavo, ma che ha subito un duro colpo dopo il blitz del dicembre 2005, quando vi furono decine di arresti grazie alle rivelazioni del pentito Bruno Rossi detto “il corvo di Bagnoli”. A Pianura vi è stata in passato una violenta faida tra i clan Lago e Contino-Marfella, che ha portato a numerosi omicidi, tra i quali quello di Paolo Castaldi e Luigi Sequino, due ragazzi poco più che ventenni uccisi per errore da un gruppo di fuoco del clan Marfella, perché stazionavano sotto la casa di Rosario Marra, genero del capoclan Pietro Lago ed erano, quindi, “sospetti”.

Nella provincia, numerosi sono i comuni in mano ai gruppi camorristici, non solo per quanto riguarda i campi “classici” nei quali opera un clan mafioso (estorsioni, usura, traffico di droga), ma anche per quanto riguarda le amministrazioni comunali e le decisioni politiche (si vedano i numerosi comuni sciolti per infiltrazioni camorristiche). Una delle zone più soggette al potere camorristico è il comprensorio vesuviano, zona che raccoglie paesi quali Castellammare di Stabia, Torre del Greco, Torre Annunziata, Somma Vesuviana, San Giuseppe Vesuviano e San Gennaro Vesuviano.

Nelle altre province della regione, l’unica provincia che eguaglia Napoli per influenza della Camorra sul territorio è sicuramente Caserta, in mano al gruppo dei Casalesi, un cartello criminale di portata internazionale (come riferito dalle ultime relazioni di DIA e DDA di Caserta e Napoli) gestito dalle famiglie Schiavone e Bidognetti (che hanno ereditato il potere di Bardellino) e dalle altre famiglie alleate che fungono da referenti per le varie province.

Il 7 febbraio 2008 viene arrestato il boss Vincenzo Licciardi, tra i 30 latitanti più pericolosi d’Italia. Era considerato il capo dell’alleanza di Secondigliano.

Il ritorno al contrabbando di sigarette è dovuto ai recenti cambiamenti avvenuti all’interno di alcuni gruppi di Camorra. in particolare l’attività è risorta nell’area nord di Napoli, dove opera il gruppo formato dai Sacco- Bocchetti- Lo Russo che, uscito dall’alleanza di Secondigliano, ha recuperato parecchio spazio e deciso di investire in questa attività, visto che i canali della droga sono controllati da altri gruppi, in particolare quello degli Amato-Pagano.

A Napoli città il fenomeno è ancora limitato anche se in crescita, soprattutto nella zona dei Mazzarella (Mercato e Case Nuove).

Struttura La Camorra, attualmente, è organizzata in modo pulviscolare con un insieme di famiglie, pare siano 236 tra città e provincia, che si uniscono e si dividono con grande facilità. Questa struttura, caratteristica della Camorra fin dal dopoguerra, fu sostituita solo in 2 occasioni e solo temporaneamente: durante la lotta tra Nuova Camorra Organizzata (NCO) e Nuova Famiglia (NF) e durante la riorganizzazione della mafia napoletana in Nuova Mafia Campana (NMC).

Tutte le volte che si è tentato di riorganizzare la Camorra con una struttura gerarchica verticale si è preso come modello Cosa Nostra. Questi tentativi sono sempre falliti per la tendenza dei capi delle varie famiglie a non ricevere ordini dall’alto. Per tale ragione è improprio parlare di Camorra come un fenomeno criminale unitario e organico. Lo stesso termine Camorra, quale entità criminale unitaria, è fuorviante, data la natura estremamente frammentata e caotica della malavita napoletana.

Economia Secondo recenti dati forniti dall’Eurispes, sembra che la Camorra guadagni:

7.230 milioni di euro all’anno dal traffico di droga 2.582 milioni da crimini legati all’imprenditoria (appalti truccati, riciclaggio del denaro sporco, ecc.) 258 milioni dalla prostituzione 2.066 milioni dal traffico di armi (il primato in questo campo va alla Camorra) 362 milioni dall’estorsione e dall’usura. Il giro d’affari complessivo è di circa 12 miliardi e mezzo di euro.

A questo elenco va ora aggiunto lo smaltimento illegale dei rifiuti, sia industriali che urbani, attività estremamente lucrosa che alcuni ritengono stia conducendo verso il progressivo degrado ambientale vaste zone di campagna nelle province di Napoli e Caserta, in primo luogo.

A titolo di esempio, che la campagna fra i comuni di Acerra, Marigliano e Nola, una volta rinomata in tutta la penisola come fra le più verdi e fertili, è da taluni ora indicata con il termine di “triangolo della morte”.

Istituzioni e Camorra Numerosi sono stati in passato i contatti tra i gruppi camorristici e la politica locale e nazionale. All’inizio degli anni novanta i pentiti Pasquale Galasso e Carmine Alfieri fecero dichiarazioni che misero sotto accusa Antonio Gava, potente capo della corrente dorotea e dirigente della Democrazia Cristiana, successivamente assolto. Secondo il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore, il 30% dei politici campani è colluso con la Camorra.[5] Il dato incrementa notevolmente se si conta che, solo nella Provincia di Napoli, più di 70 comuni su 92 sono stati sciolti o interessati da provvedimenti per infiltrazioni camorristiche, con pesanti condizionamenti sulla spesa pubblica e l’imprenditoria legata agli appalti.

Sono stati sciolti per Camorra in Campania più di 70 comuni fino ad oggi.

Elenco parziale comuni sciolti almeno una volta Acerra (NA) Arzano (NA) (nel 2008) Afragola (NA) (nel 1999 e nel 2005) Boscoreale (NA)- sciolto due volte Brusciano (NA) Casandrino (NA) – sciolto due volte (una nel 1991) Carinola (CE) Casalnuovo (NA) Casapesenna (CE) – sciolto due volte Casola di Napoli (NA) Casoria (NA) (nel 1999 e nel 2005) Casal di Principe (CE) – sciolto due volte Casaluce (CE) Casamarciano (NA) Castelvolturno (CE) Castello di Cisterna (NA) Crispano (NA) Ercolano (NA) Frattamaggiore (NA) Grazzanise (CE) – sciolto due volte Liveri (NA) Lusciano (CE) – sciolto due volte Marano di Napoli (NA) Marcianise (CE) Melito (NA) Nola (NA) – sciolto due volte Ottaviano (NA) Orta di Atella (CE) Pagani (SA) Pignataro Maggiore (CE) Pimonte (NA) Poggiomarino (NA) – sciolto due volte Pomigliano d’Arco (NA) Pompei (NA) – sciolto due volte Portici (NA) Pozzuoli (NA) Quarto (NA) Quindici (AV) San Cipriano d’Aversa (CE) San Gennaro Vesuviano (NA) – sciolto due volte San Giuseppe Vesuviano (NA) San Paolo Bel Sito (NA) – sciolto due volte San Tammaro (CE) Sant’Antimo (NA) Sant’Antonio Abate (NA) Santa Maria la Carità (NA) Santa Maria la Fossa (CE) Terzigno (NA) Torre Annunziata (NA) Torre del Greco (NA) Tufino (NA) Villa di Briano (CE) – sciolto due volte Villa Literno (CE) Volla (NA) Fatti principali Faide faida tra la NCO e la Nuova Famiglia: guerra che scoppiò dopo che le principali famiglie malavitose napoletane decisero di confederarsi in un unico cartello denominato “Nuova Famiglia” per combattere lo strapotere di Raffaele Cutolo. Fu, di gran lunga, la più violenta per numero di morti ammazzati: nel 1979 si registrarono 71 omicidi; 134 l’anno successivo, 193 nel 1981, 237 nel 1982, 238 nel 1983, 114 nel 1984. faida tra i Giuliano e i Contini: combattuta nel 1984 tra il clan Giuliano e il nascente gruppo di Eduardo Contini e Patrizio Bosti (condannati poi proprio per un duplice omicidio avvenuto nel contesto di questa faida, quello dei fratelli Gennaro e Antonio Giglio). Il tutto cominciò per una storia di controllo di una bisca della zona dell’Arenaccia, storia che vide coinvolti Vincenzo Attardo, a cui per ritorsione fu tagliato un dito di netto, Vincenzo Avagliano, Gennaro Giglio, Antonio Paglionico faida di Quindici: faida decennale tra le famiglie Graziano e Cava del comune di Quindici, in provincia di Avellino. Iniziata negli anni ottanta si protrae ancora oggi. prima faida di Castellammare: Umberto Mario Imparato contro Michele D’Alessandro. Questa faida portò a diverse decine di agguati mortali, tra cui quello Michele D’Alessandro in cui morirono quattro suoi guardiaspalle (lui si salvò per miracolo) in viale delle Terme a Castellammare di Stabia. prima faida dei Quartieri Spagnoli: combattuta tra i clan Mariano, detti i picuozzi, e Di Blasi, detti i faiano, alla fine degli anni ottanta; fu una delle guerre più cruente di quel periodo, gli agguati mortali furono diverse decine. [9] faida tra i Giuliano e l’Alleanza di Secondigliano: violento scontro avvenuto tra i due potenti gruppi nel 1990. Culminò con l’omicidio di Gennaro Pandolfi, dei Giuliano, e del figlio Nunzio Pandolfi, di appena due anni. faida tra i Gallo e i Gionta: combattuta durante tutti gli anni novanta e duemila tra i clan Gionta e il clan Gallo di Torre Annunziata. A scatenare la faida, che continua tuttora, malgrado le inchieste della Procura antimafia e l’incessante lavoro degli investigatori, fu il duplice omicidio di Alfonso Contieri e Nunzio Palumbo, affiliati ai Gallo, uccisi nel dicembre 1990, a cui fece seguito, pochi giorni dopo, l’agguato in cui persero la vita Giuseppe Caglione e Francesco De Angelis, appartenenti al gruppo avversario. faida di Pianura: svoltasi tra il 1991 e il 2000 tra i clan Lago, e i clan Contino e Marfella, alleati. Il primo atto risale al 1991: il 21 aprile, in piazza Risorgimento, furono assassinati due spacciatori, Salvatore Fruttaoro e Salvatore Varriale. Dopo l’arresto e il pentimento del boss Giuseppe Contino, a continuare l’opera è stato il boss Giuseppe Marfella. In questa seconda fase del conflitto è da inserire il duplice omicidio di Luigi Sequino e Paolo Castaldi, due ragazzi innocenti ammazzati per errore. prima faida di Ercolano: guerra tra gli Esposito e gli Ascione; uscirono perdenti gli Esposito dopo l’agguato mortale ai danni del boss Antonio Esposito. faida tra i Misso e l’Alleanza di Secondigliano: faida portata avanti dal boss Giuseppe Misso e dai vertici dell’Alleanza di Secondigliano. La situazione degenerò dopo il duplice omicidio di Alfonso Galeota e Assunta Sarno, moglie di Giueseppe Misso, nel 1992. seconda faida dei Quartieri Spagnoli: dopo la prima faida, che si concluse senza un vincitore netto, i Mariano dovettero affrontare un gruppo di scissionisti al proprio interno guidati dai boss Antonio Ranieri (detto Polifemo, poi ammazzato) e Salvatore Cardillo (detto Beckembauer); questi ultimi due furono seguiti da un nugolo di fedelissimi. La violenta faida che ne seguì portò di fatto alla dissoluzione dello stesso clan Mariano a seguito di numerosi omicidi, pentimenti e blitz con decine di arresti negli anni 1993 e 1994. seconda faida di Ercolano: faida decennale che vede coinvolti i clan Ascione e Birra. È una delle faide più cruente in termini morti ammazzati. In ballo ormai non c’è più soltanto il controllo del territorio: la guerra di Camorra va avanti perché tra i malavitosi delle due famiglie c’è un odio profondo e radicato. In questa guerra è rimasto coinvolto anche il clan Papale. prima faida interna ai Casalesi: combattuta nella seconda metà degli anni ’90 tra la famiglia Bidognetti e il clan scissionista capeggiato da Antonio Cantiello. Vide il rogo di San Giuseppe, quando nella notte di San Giuseppe del 1997 fu incendiato il bar Tropical ad Ischitella (il cui gestore aveva rifiutato, per ordine degli stessi Bidognetti, di installare all’interno dell’esercizio alcuni video-poker commissionati dalla famiglia Cantiello), in cui morì, bruciato vivo, il giovane cameriere del locale, Francesco Salvo. seconda faida interna ai Casalesi: scontro tra le famiglie del cartello e la fazione scissionista guidata dal boss Giuseppe Quadrano (poi pentitosi). faida tra i Licciardi e i Prestieri: conosciuta anche come la faida della minigonna, fu combattuta tra i clan Prestieri e Licciardi e portò ad una ventina di morti in pochi mesi. Tutto cominciò infatti in una discoteca per una battuta di troppo tra due gruppi di giovani sul vestito troppo succinto di una ragazza. I due gruppi di giovani appartenevano a clan di camorra, questo portò prima alla morte del giovane Vincenzo Esposito detto ‘o principino, pupillo della famiglia Licciardi, e poi a quella di numerosi affiliati dei Prestieri come ritorsione. faida tra i Mazzarella e i Rinaldi: un tempo alleati, i Mazzarella da un lato, e dall’altro i Rinaldi, famiglia storica del rione Villa di San Giovanni a Teduccio, fino al 1989 fedelissimi di Vincenzo Mazzarella e fratelli. Tutto filò liscio fino a quando Antonio Rinaldi, detto “’o giallo” non cominciò ad essere troppo ingombrante e fu ucciso. Quest’agguato portò ad una guerra con decine di morti protrattasi fino ad oggi. In guesta guerra caddero anche Salvatore Mazzarella e Vincenzo Rinaldi detto ‘o guappetiello. faida tra gli Altamura e i Formicola: conflitto violentissmo durato anni svoltosi nel territorio di San Giovanni a Teduccio. Più che per motivi di predominio criminale, la faida è stata combattutta per rancori di tipo familiare. La guerra decapitò entrambe le famiglie, compresi i due boss (Luigi Altamura e Bernardo Formicola), e si fece sempre più feroce.[18] faida tra i Cuccaro e i Formicola: guerra a cui sono riconducibili diversi episodi di sangue. Alla base dei sanguinosi contrasti c’è l’agguato mortale contro Salvatore Cuccaro, potente numero uno della cosca familiare di Barra nonostante avesse soltanto 31 anni, avvenuto il 3 novembre del 1996. prima faida di Forcella: detta anche “faida tra la Forcella di sopra e la Forcella di sotto”, fu uno scontro interno al clan Giuliano che ebbe luogo a metà anni novanta; da una parte i figli di Pio Vittorio Giuliano, dall’altra i figli di Giuseppe Giuliano, Ciro Giuliano e Luigi Giuliano “‘a zecchetella” (cugino omonimo di “‘o rre”). Ci andò di mezzo, tra gli altri, anche il patriarca Giuseppe, detto zì Peppe, 63 anni, ammazzato nel corso di un clamoroso agguato a Forcella il 9 luglio del 1998. prima faida della Sanità: fu combattuta negli anni 1997 e 1998 tra il clan Misso e i clan, alleati tra loro, Tolomelli e Vastarella. Dopo numerosi omicidi, tra cui quello del boss Luigi Vastarella, vi fu l’atto finale con l’autobomba, una Fiat Uno imbottita di tritolo, scoppiata in via Cristallini che doveva uccidere i boss dei Misso Giulio Pirozzi e Salvatore Savarese e che invece portò ad undici feriti innocenti. faida tra i Sarno e i De Luca Bossa: questa faida può essere considerata come una sorta di “spin-off” della faida tra i Misso e l’alleanza di Secondigliano, essendo i primi alleati dei Sarno e i secondi inglobati nell’Alleanza. Dopo numerosi omicidi, la faida culminò con l’autobomba di Ponticelli del 1998, in cui morì Luigi Amitrano, nipote del boss Vincenzo Sarno (vittima predesignata dell’agguato) nonché suo autista. terza faida dei Quartieri Spagnoli: fu la guerra combattuta, a fine anni novanta ed inizio anni deuemila, tra il clan Di Biasi, rimasto il clan dominante ai Quartieri dopo la dipartita interna dei Mariano, e i Russo, figli del boss Domenico Russo, detto Mimì dei cani. Numerosi omicidi tra cui quelli dei due patriarca, Francesco Di Biasi, padre dei faiano, e lo stesso Domenico Russo. seconda faida di Forcella: scoppiò in seguito all’avvento dei Mazzarella a Forcella (dopo il matrimonio tra Michele Mazzarella, figlio del boss Vincenzo, e Marianna Giuliano, figlia del boss Luigi); alcuni componenti dei Giuliano (tra cui Ciro Giuliano ‘o barone) non accettarono di buon grado l’entrata in scena dei Mazzarella. Inevitabile la spaccatura all’interno dell’organizzazione e soprattutto all’interno della famiglia; Michele Mazzarella si alleò con due personaggi di buon livello della Camorra: Massimiliano Ferraiuolo e Salvatore Fattore. Dall’altra si organizzarono, per combattere il clan Mazzarella, i giovanissimi Fabio Riso e Diego Vastarella, generi di Celeste Giuliano, sorella dei boss storici. Questo portò ad alcuni omicidi, tra cui quello dello stesso Ciro Giuliano e di Annalisa Durante, vittima quattordicenne innocente morta in un agguato con obiettivo Salvatore Giuliano junior, delfino di Ciro Giuliano. terza faida interna ai Casalesi: combattuta dal 2003 al 2007 tra le famiglie Tavoletta-Ucciero e Schiavone-Bidognetti. Vide la “strage di San Michele”, del 28 settembre 2003, con due innocenti ammazzati per errore.[21] faida di Chiaiano: conflitto svoltosi nel corso del 2003 e 2004 a Chiaiano tra il clan Stabile e il clan Lo Russo, in precedenza alleati sotto la bandiera dell’Alleanza di Secondigliano. Tra gli agguati mortali, si ricorda quello avvenuto sulla Tangenziale di Napoli il 1 giugno del 2004, quando vennero ammazzati Giuseppe D’Amico e Salvatore Manzo, con il primo che si trovava su un’ambulanza perché ferito a causa di un precedente agguato, ed il secondo, guardiaspalle, che lo seguiva in auto. seconda faida di Castellammare: combattuta tra il clan D’Alessandro, predominante a Castellammare di Stabia, e il clan Omobono-Scarpa, guidato da Michele Omobono “‘o marsigliese” e Massimo Scarpa “‘o napulitano” nel 2003, 2004 e 2005. faida di Scampia: guerra svoltasi negli anni 2004, 2005 e parte del 2006 che portò a quasi un centinaio di morti ammazzati; il conflitto si scatenò quando vari gruppi scissionisti del clan Di Lauro decisero di staccarsi dalla casa madre dopo che i figli del boss Paolo Di Lauro avevano deciso di sostituire alcuni boss nei principali ruoli chiave con gente a loro fidata. Questa guerra stravolse gli equilibri criminali a nord di Napoli e portò alla nascita di altri gruppi criminali indipendenti tutti federati nel cosiddetto cartello degli “scissionisti di Secondigliano”. faida tra gli Aprea e i Celeste-Guarino: combattuta nella zona di Barra tra il clan Aprea e la fazione scissionista guidata dai boss Ciro Celeste e Raffaele Guarino negli anni 2005 e 2006. seconda faida della Sanità: combattuta dal 2005 al 2007 tra il clan Misso e la fazione scissionista dei Torino, appoggiati dai Lo Russo di Miano. Più di venti omicidi in due anni, stravolse completamente gli equilibri della camorra nella zona della Sanità, di Materdei, dei Tribunali. Questa faida portò alla dissoluzione di entrambi i gruppi, dopo i pentimenti dei boss Emiliano Zapata Misso, Giuseppe Misso junior e Michelangelo Mazza per i Misso, e di Salvatore Torino e altri elementi di spicco per la fazione opposta. Stragi Strage di Torre Annunziata: avvenuta a Torre Annunziata presso il circolo dei pescatori il 26 agosto 1984. Da un autobus precedentemente rubato scendono una dozzina di killer che iniziano a fare fuoco per circa 2 minuti contro il circolo dei pescatori, sede di incontri tra affiliati del clan Gionta. Otto morti, sette feriti. Strage di Pescopagano: avvenuta a Pescopagano, frazione di Mondragone, il 24 aprile 1990; 5 vittime: tre tanzaniani, un iraniano e un italiano ucciso per errore, e sette feriti, tra cui il gestore del bar e suo figlio quattordicenne, rimasto paralizzato perché colpito ad una vertebra Strage di Acerra: avvenuta ad Acerra il primo maggio 1992 in ambito della faida tra i Di Paolo-Carfora e i Crimaldi-Tortora. Per vendicare l’uccisione del fratello del boss Di Paolo un gruppo di sicari stermina una intera famiglia compreso un innocente di quindici anni. Strage di Castelvolturno: il 18 settembre 2008 vengono uccisi in un agguato sei extracomunitari. L’agguato seguì di pochi minuti l’omicidio di Antonio Celiento, evidentemente collegato. Conosciuta anche come la “strage di San Gennaro”. Arresti e blitz Coop e Camorra: le accuse di Berlusconi Nel febbraio del 2006 ebbero notevole risalto le accuse dell’allora presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, fatte ad una parte della magistratura napoletana. Questa fu accusata di aver “favorito la prescrizione ad un processo su una coop rossa”, in particolare riguardo ai processi Katana 1 e Katana 2, nei quali i dirigenti accusati furono assolti, tranne che per un unico capo di imputazione prescritto.

Le inchieste furono avviate dopo le dichiarazioni dei pentiti Carmine Alfieri e Pasquale Galasso e riguardavano presunti accordi tra clan e coop per gli appalti relativi a grandi opere finanziate con i fondi della ricostruzione del dopo terremoto del 1980. Nel 1995, infatti, furono eseguite, su richieste dei magistrati della DIA di Napoli, decine di ordinanze di custodia cautelare, anche nei confronti di dirigenti nazionali delle cosiddette coop rosse. Dopo le accuse e le polemiche, l’allora ministro della Giustizia, Roberto Castelli, mandò gli ispettori nella sede della Giustizia napoletana al Centro Direzionale. Il caso, però, era quello che riguardava l’ex pm Luigi Bobbio accusato di aver favorito presunte omissioni nella conduzione delle indagini sul clan Di Lauro e sui clan dell’Alleanza di Secondigliano.

L’ASL sciolta Le giunte comunali non sono le uniche istituzioni ad aver subito l’onta dello scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Nell’ottobre del 2005, infatti, fu sciolta l’ASL Napoli 4 che comprendeva 35 comuni suddivisi in 11 distretti sanitari per i comuni di Poggiomarino, Casalnuovo di Napoli, Nola, Marigliano, Roccarainola, San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Palma Campania, Volla, Acerra e Pomigliano d’Arco, per un bacino di utenti di circa 600mila abitanti.

La Camorra e le altre mafie Camorra e Cosa Nostra La Camorra ha intrattenuto vari rapporti con Cosa Nostra. Elementi di spicco della mafia siciliana (come Salvatore Riina e Leoluca Bagarella) si sono trovati a contatto con famiglie camorristiche come i Nuvoletta e facenti parte della Nuova Famiglia.

Camorra e ‘Ndrangheta Nel corso del ‘900 vi sono stati vari intrecci di favori e di cooperazione tra camorristi e ndranghetisti. Negli anni ’70 in occasione della prima guerra di ‘Ndrangheta il boss reggino Paolo De Stefano chiede e ottiene da Raffaele Cutolo capo della Nuova Camorra Organizzata l’omicidio di Don Mico Tripodo, altro boss reggino in carcere a Napoli. Tra famiglie delle due organizzazioni vi furono anche doppie affiliazioni come quella del camorrista Antonio Schettini affiliato ai Flachi o di Trovato Coco affiliato alla famiglia di Carmine Alfieri.

Camorra e Sacra Corona Unita In Puglia è soprattutto la Nuova Camorra Organizzata che inizia ad operare illecitamente prima delle altre organizzazioni criminali. Nel 1981 Raffaele Cutolo, affidò a Pino Iannelli e Alessandro Fusco il compito di fondare in Puglia un’organizzazione diretta emanazione della Nuova camorra organizzata che prese il nome di Nuova camorra pugliese.

Questa associazione prese piede soprattutto nel foggiano a causa della vicinanza territoriale e dei contatti preesistenti tra esponenti della malavita locale e i camorristi campani. Tuttavia questa iniziativa venne vista con sospetto dai malavitosi di altre zone della Puglia. Come risposta al tentativo di Cutolo di espandersi in Puglia, si tentò di dar vita ad un’associazione malavitosa di stampo mafioso formata da esponenti locali. Con la sconfitta dei cutoliani in Campania, scomparvero anche in Puglia. e l’organizzazione dominante divenne quella della Sacra Corona Unita fondata dagli ‘ndranghetisti.

Camorra e Triadi cinesi Alcuni gruppi napoletani, tra cui i Giuliano di Forcella, hanno intrecciato relazioni di affari con gruppi cinesi soprattutto nel settore della contraffazione di marchi italiani. I gruppi napoletani hanno imposto il prezzo finale dei prodotti e in cambio hanno fornito i servizi per aggirare i controlli. I cinesi inoltre hanno fatto entrare nelle loro società diversi boss napoletani.

(Avv. Thomas Coppola – Fonte notizie giornalistiche)

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